La cultura dell’Arberia fra materia e spirito, simbologia e significato

di Adele Filice
L’antropologia definisce la cultura come quell’insieme di espressioni materiali e ideali che connotano l’identità di un popolo. Lingua, religione, credenze, usanze, organizzazione sociale, utilizzo di strumenti materiali, concetti e simboli sono gli elementi che costituiscono l’apparato culturale, in un dato momento storico e in un dato spazio geografico, di una popolazione e sono suscettibili di variazioni, contaminazioni, commistioni o perdite per diversi motivi, primo fra tutti il contatto con altre popolazioni. Nel caso dell’Arberia – l’insieme delle popolazioni albanesi stanziatesi in diversi momenti storici in Italia e nel Meridione, in particolare – i tratti identitari della cultura sono molteplici, sia materiali, sia ideali e molti si ritrovano ancora oggi a distanza di ben sette secoli dai primi insediamenti. Di fondamentale importanza la lingua, espressione tra le più forti dell’identità culturale, conservata meglio in alcuni luoghi anche grazie ai dettami sociali che imponevano, con leggi non scritte ma non per questo meno rigorose, i matrimoni endogamici, e la religione, il rito greco bizantino, che si avvale della presenza delle icone, molto più che immagini sacre, autentico “ponte tra cielo e terra”, materia che diventa preghiera, dove la prospettiva, i colori, le espressioni dei volti santi, le proporzioni, l’utilizzo dell’oro esprimono precisi significati e densi simbolismi.
La loro realizzazione è affidata ad artisti, esperti conoscitori della liturgia greco-bizantina che secondo la cultura popolare non dipingono, ma “scrivono” le sacre immagini e dove Maria è appellata “Madre di Dio” senza i titoli vari e differenti che le attribuisce la religione cristiana.Intriso di diversi significati e simbolismi è anche il costume, l’abito tradizionale, in particolare quello femminile che, per secoli, ha rappresentato materialmente l’elemento più immediatamente visibile che denunciasse condizione personale, status sociale, provenienza geografica, tratti storici di chi lo indossava. Vestito quotidiano, di mezza festa e di festa, di nozze, di lutto e mezzo lutto, hanno scandito il tempo, l’aspetto e la condizione, specie delle donne, e degli uomini arbëreshë. Colori, ricami, trine, ornamenti, gioielli, erano precisi indicatori della provenienza geografica, della condizione sociale e dello status personale (libero, di promessa sposa, di fidanzata, di donna sposata o vedova). Ricchissimi e preziosi ricami d’oro ornavano ampissime e colorate gonne o rigidi corpetti, indossati sopra la sottoveste; cinture, grembiuli, fiocchi erano elementi che davano luogo ad una lunga e articolata vestizione che assumeva i connotati della cerimonia, specie nel matrimonio o durante le feste, che oggi è possibile osservare in occasione di feste tradizionali e in qualche museo. Da sempre indicatore di elementi geografici, storici, di tradizioni materiali e simboliche, religiose o mitiche, anche nel caso degli Arbëreshë, il cibo assume una grande importanza che s’intreccia con quella connessa alla sua preparazione, all’acquisizione delle materie prime e quindi alle attività agricole e pastorali che le forniscono, rintracciabile in tutta la vasta area mediterranea. Popolo essenzialmente terragno e montano, quello Albanese è stato particolarmente legato alla coltivazione della terra e alla pastorizia, alla ciclicità delle stagioni, alla saggezza, esperienza e creatività che hanno consentito, per millenni, di conservare gli alimenti da un periodo all’altro dell’anno, grazie alla sapiente arte della conservazione.
Vino, olio, farina, carne, verdure disponibili in stagioni diverse, con la perizia e l’accortezza delle donne di casa si sono trasformate a lungo in risorse alimentari per tutto il ciclo annuale. Anche nel caso dell’alimentazione, però, la tradizione albanese si è mescolata con quella italiana, meglio meridionale, per cui le paste di casa, i salumi, le conserve di carne e di verdure, i dolci tipici delle festività natalizie e pasquali o delle ricorrenze sociali (matrimonio, battesimo, funerale) risultano una sorta di patrimonio alimentare comune, rivisto nei particolari di alcuni ingredienti o decorazioni che ne sanciscono l’uso o il significato rituale. C’è da rilevare, come nota caratteristica, l’uso del consumo di alcune pietanze rituali in occasione di festività particolari, un tempo molto più sentite di oggi, come la Pasqua – quando si regalano o si distribuiscono oltre ai dolci, anche le uova, simbolo per eccellenza della vita e della rinascita – la commemorazione dei morti – durante la quale, in alcune comunità, si prepara la tradizionale pasta di casa condita con i ceci e i pasti si consumano nel cimitero – le feste dei santi patroni o della Madre di Dio, il matrimonio e il funerale.
Elementi di cultura immateriale.
Le Vallje -I Vjershë – Il Canto Isopolifonico
Nel patrimonio immateriale della cultura arbëreshë rivestono particolare importanza le Vallje che, secondo un certo filone di tradizione, rievocano una grande vittoria riportata da Giorgio Castriota Skanderberg sui Turchi, in prossimità della Pasqua. In passato, presso alcune comunità, le vallje avevano inizio nel periodo di Carnevale e culminavano nei giorni delle ricorrenze pasquali. Oggi, nel periodo di Pasqua, di solito il martedì dopo la Pasquetta, hanno luogo questi canti e balli che celebrano l’eroe nazionale e le sue memorabili gesta contro gli invasori. In occasione di alcune feste si intonano canti che rievocano la condizione di rifugiati della popolazione arbëreshë e la nostalgia che nasce dalla lontananza dall’amata patria. La danza delle vallje prevede un lungo corteo di uomini e donne in costume. Gli uomini formano una lunga catena con dei fazzoletti che tengono in mano e sono guidati, alle estremità del corteo, da due giovani, i flamurtarë o portabandiera. La catena umana sfila per le vie del paese mentre si intonano canti epici, tradizionali, augurali e anche “di sdegno”, spesso improvvisati. Il ritmo delle danze è vario e si passa dal greve e solenne al sostenuto e fiero, anche per rappresentare simbolicamente le movenze guerresche degli antichi e prodi combattenti. Anche alcuni canti epici ricordano la condizione di migranti della popolazione arbëreshë. Spesso accade che il corteo delle vallje avvolga nelle sue evoluzioni qualche spettatore o turista che paga la sua “liberazione” con l’offerta di una generosa bevuta collettiva.
I Vjershë
Un cenno a parte meritano i Vjershë, canti o stornelli improvvisati dai vjershëtar – persone particolarmente abili e inclini alla composizione improvvisata, che a lungo, nella tradizione popolare italo-albanese hanno svolto il compito di esprimere tanto l’amore – vjershë dashurije – verso la donna corteggiata ed amata, quanto lo sdegno – vjershë zemërimi – dell’amante, a seconda che il corteggiamento fosse accettato o rifiutato. Alcuni studiosi della cultura arbëreshë riferiscono come, in diverse comunità, la composizione improvvisata dei vjershë seguisse la costruzione metrica dell’ottava fiorentina. Nel tentativo, spesso riuscito, di sostenere e rinvigorire la tradizione culturale arbëreshë, molti cultori del mondo italo-albanese hanno promosso e realizzato manifestazioni spettacolari e culturali come Miss Arbëresh o il Festival della Canzone o del Libro Arbëreshë.
Il Canto Isopolifonico
Nel panorama musicale arbëresh resiste – come elemento del patrimonio culturale albanese – il canto isopolifonico “forma sofisticata di canto di gruppo che fa parte del repertorio musicale di un’area che copre quasi tutto il meridione dell’Albania e dal punto di vista etno-culturale, è tipico di due grandi aree, quella di Toskëria e quella di Labëria, il cui tratto caratteristico è costituito dal ronzio – l’iso – che si presenta come una risonanza finemente decorata, cantata sia da donne che da uomini, ma principalmente l’esibizione appartiene al genere maschile e accompagna tradizionalmente una vasta gamma di eventi sociali importanti, come matrimoni, funerali, feste del raccolto, le celebrazioni religiose e i vari festival folk” come afferma la mediatrice culturale e scrittrice Brunilda Ternova. É importante sottolineare come il canto iso-polifonico dell’Albania, dal 2005, si trovi nell’elenco dei Capolavori del Patrimonio Orale e intangibile dell’Umanità, stilato dall’Unesco. In particolare, nell’Arberia è ancora presente il canto iso-polifonico di tipo tosk, cioè dell’area della Toskëria. Degni di nota, inoltre, sono i canti liturgici, paraliturgici o kalimere, intonati in onore della Madre di Dio, di un Santo e della Passione di Cristo, e quelli devozionali.
Riti religiosi e sociali
Rilevanti e pregnanti, nel variegato universo folklorico italo-albanese, sono ancora oggi le ricorrenze religiose e sociali. Di fondamentale importanza i riti pasquali che, con le kalimere, canti della Passione di Cristo, in passato avevano inizio nel periodo di Quaresima e che si eseguono anche durante la Domenica delle Palme, quando in alcune comunità si commemora la resurrezione di Lazzaro. Il culmine è Java e Madhe (La Grande Settimana Santa) che ha inizio il Giovedì Santo con la lavanda dei piedi, l’ornamento dei Sepolcri con germogli di grano e legumi, preparati già dal Mercoledì delle Ceneri e la prima processione che ricorda la Via Crucis di Cristo. In molte comunità, questa processione si svolge anche il Venerdì Santo. Di particolare suggestione è il rito che celebra la Resurrezione che prevede, in chiesa, la presenza di un figurante che personifica il demonio, il quale – dopo i rituali tre colpi battuti dal Papas, il sacerdote, con la croce sulla porta della chiesa e alla risposta che il “Cristo è risorto (Kristos Anesti)” – spalanca le porte della chiesa dando inizio alla Divina Liturgia della Resurrezione. In alcuni momenti dell’anno, in diverse comunità, si celebrano riti – come durante l’Epifania, o le feste patronali – in cui sono benedetti l’acqua o cibi rituali del luogo o altri elementi che appartengono al vissuto quotidiano della collettività. Caratteristico anche il rituale della Vëllamja, Fratellanza, che si svolge il lunedì di Pasqua, col quale gli uomini sanciscono forti vincoli di amicizia, legami spirituali profondi, spesso più intensi dei vincoli familiari e parentali. Analogo il rito della Sorellanza, Motërmë, che si celebra tra donne, in particolare tra ragazze. Oggi, in misura minore, un tempo molto più sentite, erano anche le ricorrenze del Carnevale e la Commemorazione dei Defunti, che si celebravano nello stesso periodo. Nel mondo religioso e nella spiritualità arbëreshë assumeva una particolare importanza il legame con le anime trapassate che si estrinsecava con una serie di cerimonie, dal forte simbolismo, anche da un punto di vista alimentare, che avevano lo scopo di celebrare i defunti e la loro memoria.